Lombardy Dialogues: Un modello di produzione sostenibile per la filiera lattiero-casearia
Coordinatore: Diego Breviario
Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria (IBBA)
INTERVISTA A DIEGO BREVIARIO
Di che genere sarà l'evento che sta organizzando per EXPO?
L'idea è quella di dare una panoramica completa di tutto il ciclo produttivo che interessa la filiera lattiero-casearia, dalla dieta provveduta agli animali al formaggio, leggendone i diversi passaggi e proponendo l'introduzione di correttivi innovativi.
Di quali innovazioni parlerete?
Per prima cosa ci occuperemo dell'alimentazione degli animali, cioè delle vacche da latte, che deve essere gestita in modo tale da essere adeguatamente nutriente a seconda delle effettive esigenze dell'animale che dipendono dalla sua condizione nel ciclo produttivo,dal numero delle gravidanze, dal suo peso corporeo, dalle rese e dalla qualità di latte che produce. Il cibo deve infatti essere sufficiente ma non eccessivo, per evitare uno spreco di nutrienti e un eccesso di contaminazione ambientale dovuto alle deiezioni. E' poi possibile e opportuno introdurre nella dieta delle vacche alimenti in grado di aumentare il valore nutraceutico, come per esempio soia, canapa o lino. Queste piante contengono una buona quantità, e nel giusto rapporto, di acidi grassi omega 3 e omega 6 per migliorare la qualità del prodotto finale.
Passando dal cibo all'animale, quali altre innovazioni suggerirete di introdurre nella filiera?
Per produrre un buon latte è fondamentale gestire bene l'animale. Un buon latte viene prodotto da una buona vacca, che idealmente non dovrebbe essere malata e dovrebbe vivere in condizioni non stressanti, compatibili con l'allevamento intensivo. Perché la vacca sia sana è necessario lavorare da un lato sulla componente genetica, selezionando non solo animali produttivi ma anche più robusti, fertili e resistenti alle malattie in modo da ridurre i trattamenti antibiotici, e dall'altro su una diagnosi precoce in stalla, per individuare per tempo l'insorgere delle malattie e gli organismi patogeni più pericolosi e aggressivi.
Com'è possibile assicurarsi che gli animali mangino effettivamente quello che viene dichiarato? Penso al caso della mucca pazza. Potrebbe verificarsi ancora oggi?
Controllare che l'animale mangi quello che deve è assolutamente prioritario. E sono necessarie analisi specializzate. Faccio un esempio: il parmigiano reggiano ha un disciplinare di produzione che prevede che dell'alimentazione dell'animale facciano o non facciano parte determinate sostanze alimentari. Per esempio non ci devono essere cotone o riso. Ma come esserne sicuri? Ad Expo presenteremo un procedimento di nostra ideazione, che consente di rintracciare le componenti genetiche dei mangimi verificando se sono quelle dichiarate e se sono corrispondenti alla dieta programmata e al disciplinare di produzione. Il metodo è parte del progetto europeo Feedcode, ancora in corso. Lo stiamo validando perché diventi un sistema di riferimento per la comunità europea, consentendo il controllo e la tracciabilità delle diete provvedute agli animali da latte. In modo analogo si possono rintracciare le componenti animali così da scongiurare il ripetersi del morbo della mucca pazza.
A proposito di latte: adesso tocca a lui?
Il latte ha un'importante componente nutrizionale, costituita essenzialmente da proteine e acidi grassi. Le proteine liberano, grazie all'azione di proteasi di prevalente origine batterica, importanti biopeptidi che possono determinare effetti positivi sulla mineralizzazione delle ossa, sulla conservazione dello smalto dei denti ed in chiave antidiabetica. Sempre da un punto di vista salutistico, si sta lavorando per favorire uno sviluppo probiotico della flora del cavo orale tale da contrastare l'azione patogena di alcuni streptococchi e la formazione della carie. Va ricordato però che il latte deve prima di tutto essere microbiologicamente sicuro, privo di batteri patogeni, clostridi, e ceppi che possono introdurre nella flora intestinale umana resistenze agli antibiotici. Tutto questo viene comunque debitamente controllato.
Davvero potremo intervenire su tutti questi fattori?
Sì, perché quando favoriamo la crescita dei batteri lattici, noi non solo garantiamo la sicurezza del latte ma ne promuoviamo il valore organolettico e nutraceutico, apprezzabile nei formaggi che ne derivano.
Dunque il latte si può arricchire... alla fonte?
Certo, se per fonte intendiamo la sua iniziale raccolta prima dell'avvio alla caseificazione. I batteri lattici richiamati sopra possono contribuire alla riduzione del colesterolo e all'incremento di acidi grassi insaturi benefici rilasciati sia in forma libera che coniugata come pure di vitamine qual è il tocoferolo. Si tratta di molecole funzionali capaci di contrastare varie patologie le più rilevanti delle quali sono quelle cardiovascolari.
Che ricaduta avrà questo sui formaggi?
I formaggi riflettono l'arricchimento nutrizionale e nutraceutico del latte e concorrono essi stessi, in corso di caseificazione, a sviluppare ulteriori microorganismi a ulteriore beneficio delle caratteristiche aromatiche e di qualità.
C'è altro che si potrebbe innovare nella filiera?
Tutta la parte inutilizzata, cioè gli scarti ed i reflui zootecnici, può essere recuperata e inviata ai digestori per essere decomposta attraverso il meccanismo della digestione anaerobica i cui prodotti finali sono: il biogas da un lato e i fertilizzanti rinnovabili dall'altro. Con il biogas si producono energia termica ed energia meccanica che, opportunamente convertita in energia elettrica, può contribuire alla gestione della stalla. Il digestato, la parte solida che rimane, è molto ricco di fosforo e azoto e viene utilizzato come fertilizzante e come ammendante per migliorare la struttura e l'efficacia produttiva del suolo. In questo modello industriale a ciclo chiuso, i rifiuti vanno ad alimentare la produzione di foraggi e mangimi.
Quanto siamo distanti dall'avere effettivamente una filiera così efficiente?
Sono tutte idee e approcci ormai in campo. Per esempio esiste già latte arricchito in omega 3 e acido linoleico coniugato e gli studi sulla genomica animale stanno schiudendo la strada al miglioramento genetico ed alla selezione delle razze in una nuova chiave che definirei di sostenibilità. L'obiettivo è quello di imporre un modello di sviluppo in cui questi approcci siano routine. E' già tutto fattibile: noi stessi al Cnr stiamo producendo formaggi arricchiti in acidi grassi benefici e ridotti in quantità di colesterolo usando le capre come modello sperimentale iniziale. L'arricchimento lo otteniamo sia provvedendo loro una dieta ricca di acidi grassi insaturi, perché integrata con semi di canapa e lino, sia intervenendo sul latte con ceppi batterici opportunamente selezionati.
Cosa manca?
Bisognerebbe mettere tutto in campo: determinare la razione alimentare in base alle effettive esigenze alimentari ed alla perfomance produttiva del'animale, organizzare la stalla con ausili e presidi, anche diagnostici, tali da ridurre l'impatto delle malattie come pure riciclare i reflui per produrre energia. In definitiva ci vorrebbe maggiore controllo. L'Italia è uno dei più grandi produttori europei di latte, con una gamma di formaggi che è la più ricca e prestigiosa al mondo: si tratta di un tesoro che va tutelato, promosso e ciò non di meno continuamente migliorato, per rimanere i primi e i più bravi.
IN COLLABORAZIONE CON:
Università degli studi di Brescia
Università degli Studi di Milano
Victorian Department of Environment and Primary Industries
Parco Tecnologico Padano
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna
Institute of Food Research UK
Consorzio del Parmigiano Reggiano
Sacco Srl
FAI Farms Ltd
Università Cattolica del Sacro Cuore
Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria
Istituto per lo Studio delle Macromolecole
Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari