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"Food print": Il costo ambientale degli alimenti

Data: 
11 Luglio, 2015
Formato: 
CNR Departments involved: 
Thematic areas: 

 

Coordinatore: Pierpaolo Duce
Istituto di biometeorologia (IBIMET)

 

Intervista a Pierpaolo Duce

Che tipo di evento sarà quello organizzato per EXPO?

Una mezza giornata pensata con un taglio divulgativo e aperta a tutti, per confrontarsi con gli esperti e raccogliere informazioni sul Food print.

C'è una correlazione tra la qualità di un prodotto e il suo impatto sull'ambiente?

In generale ci si attende che valga l'equazione: minore l'impatto, migliori le qualità organolettiche del prodotto. Quindi meno impatta più è buono, in media.

Un giorno i prodotti avranno delle etichette che indicheranno chiaramente il loro impatto ambientale?

Il percorso tracciato è chiaramente quello, e altri settori lo hanno già intrapreso. Pensiamo a quello automobilistico: ormai tutte le case produttrici di auto indicano le emissioni di CO2 dei loro veicoli. Questo perché c'è una pressione legislativa, ma anche perché una fascia di consumatori è ormai attenta al tema ambientale. Lo stesso discorso vale, a maggior ragione, per il settore agro-alimentare. Anche in questo caso, oltre a puntare sulla qualità sensoriale dei prodotti, è sempre maggiore l’attenzione verso la qualità ambientale e il minore o maggiore impatto che i vari agroprodotti possono avere. C'è anche una pressione stringente delle norme europee, in questo senso: la nuova politica agricola comunitaria (PAC) spinge verso processi produttivi con alte performance ambientali, che contribuiscano a ridurre l'inquinamento e le emissioni di gas serra in atmosfera. Alcuni prodotti tra cui formaggi, latte, olio, vino, pasta e diversi prodotti cerealicoli hanno già fatto questo percorso, certificandolo volontariamente. Sono spinti da un lato dalla necessità di adeguarsi alle normative UE, e dall'altro dall'emergere di una fetta di consumatori che ormai si orienta così.

Cosa prevedono le politiche dell'UE per ridurre gli impatti?

La nuova Pac 2014-2020 sposa le strategie dell’EU Europa 2020. Uno dei punti cardine è quello di passare a una agricoltura in grado di riconciliare economia ed ecologia, riducendo le emissioni di carbonio e utilizzando le risorse in modo più efficiente. Questo asse portante sarà anche accompagnato da riconoscimenti economici per gli agricoltori che si metteranno in linea con le politiche europee.

Come si calcola l'impatto ambientale di un prodotto?

L'approccio del Life Cicle Assessment è quello di esaminare il prodotto - come si dice - 'dalla culla alla tomba'. Alcune attività di produzione determinano direttamente le emissioni, altre lo fanno in modo indiretto: il tutto può essere espresso sotto forma di di emissione di CO2 equivalente. Facciamo un esempio. Per produrre il latte ci vuole una macchina mungitrice, che ha necessità di acqua e di energia elettrica. Questi consumi sono allora trasformati in emissioni di CO2 equivalente. La mungitrice inoltre dovrà essere prima costruita, quindi una frazione delle emissioni necessarie per costruirla andrà a pesare sul costo del litro di latte o del chilo di formaggio. Insomma non si contabilizzano solo le emissioni effettive che si possono avere bruciando carburante per l'uso di mezzi agricoli, ma anche quelle indirette. Nel settore zootecnico, per fare un altro esempio, importanti emissioni di gas serra derivano dalla fermentazione enterica dei ruminanti e dal letame, che rappresenta, insieme ai liquami, una delle principali fonti di emissione. Naturalmente viene contabilizzato anche quello. Il metano infatti, emesso ad esempio dal letame, ha un potere alterante del clima che è venti volte superiore a quello della CO2. Anche se è chiaro che molto dipende dal tipo di produzione.

In generale cosa impatta maggiormente?

Nel settore zootecnico - che è quello di cui si occuperà in particolare l'evento di EXPO – oltre agli impatti sul clima determinati dalle emissioni enteriche e dalle emissioni che derivano da letame e liquami, quasi la metà degli impatti dipende dalla produzione e dalla lavorazione dei mangimi. Un uso più diffuso delle migliori pratiche e tecnologie già esistenti per l'alimentazione, la salute e l'allevamento animale e la gestione del letame può contribuire a tagliare fino al 30% di queste emissioni.