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I prodotti tipici: una contraddizione o una speranza per l’agricoltura e il Made in Italy agroalimentare?

Data: 
6 Maggio, 2015
Formato: 

 

Coordinatore: Andrea Scaloni
Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (ISPAAM)

 

Intervista ad Andrea Scaloni

Che tipo di evento sarà quello organizzato per Expo?

Sarà un evento che affronterà il tema delle produzioni tipiche Made in Italy da moltissimi punti di vista, cercando di circoscrivere quello che per sua natura è un ambito assai eterogeneo, fatto di prodotti basati su materie prime e lavorazioni differenti e con costi molto diversi.Per avere il polso del settore, ad EXPO ci saranno tutti gli stakeholders coinvolti nelle produzioni tipiche, dalle istituzioni ai produttori, dai chimici ai patologi vegetali, fino alle imprese di distribuzione, che portano questi prodotti nel mondo e nelle mense scolastiche dei comuni italiani, educando al consumo anche i nostri figli. Presenteremo poi alcune iniziative di prestigio nel settore della ricerca, finalizzate alla determinazione della qualità, alla lotta alle frodi e al sostegno della sostenibilità economica e ambientale di queste produzioni. Parleremo così di approcci di microarray applicati alle produzioni a base di carne, che consentono di individuare specifici frammenti di DNA che caratterizzano un prodotto ottenuto da una razza animale pregiata, identificandola in maniera univoca. E di approcci di spettrometria di massa che identificano i peptidi e le proteine presenti in un campione di latte, consentendo così di riconoscere il latte bovino (meno pregiato) eventualmente aggiunto in modo illegale a quello di pecora, di capra o di bufala, materia prima dichiarata di alcune produzioni lattiero-casearie tipiche. Sono strumenti molto importanti, perché il Made in Italy ha un alto impatto economico sulla bilancia commerciale nazionale e difenderlo è fondamentale per il nostro Paese, sia nei mercati interni che quelli esteri. Ad EXPO porteremo anche un esempio di applicazioni di genomica al servizio delle produzioni tipiche, presentando il genoma del ciliegio. L’Italia è il quarto produttore mondiale di ciliegie e si caratterizza per la presenza di tre produzioni DOP ed IGP. Le informazioni derivanti dal sequenziamento di questo genoma metteranno a disposizione della comunità importanti strumenti per la selezione di varietà dalle specifiche caratteristiche organolettiche e commerciali.

Chi decide quando un prodotto Made in Italy diventa tipico?

Con prodotti tipici Made in Italy si indica in realtà una molteplicità di oggetti commerciali assai diversi tra loro; prodotti, sia freschi che trasformati, aventi grandissime differenze per natura, valore e disciplinari di produzione. E' un settore difficile da regolamentare e proteggere sui mercati. Attualmente sono circa 270 i prodotti DOP ed IGP. Molti di essi incidono fortemente sulla bilancia economica del sistema Italia: dal prosciutto di Parma al parmigiano reggiano, da alcuni insaccati a specifiche castagne/marroni, dagli asparagi all'aceto balsamico di Modena, e così via.

Una serie di normative europee stabiliscono i criteri per ottenere i marchi DOP e IGP, e regolano il settore. Durante l'evento di EXPO, alcuni rappresentanti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ci racconteranno come funzionano gli aspetti normativi per la tutela di questi prodotti, e come si difendono i diversi marchi sul mercato mondiale.

Perché i nostri prodotti vanno difesi?

Purtroppo le frodi ai danni del Made in Italy, e in ultima analisi dei consumatori, sono piuttosto numerose e frequenti, con enormi perdite a livello di immagine e commerciali per le imprese nazionali. Spesso vengono immessi sul mercato prodotti che, considerando le materie prime utilizzate e i processi di trasformazione impiegati, con le nostre produzioni DOP e IGP non hanno nulla a che vedere, se non il nome. Tra i prodotti più a rischio ci sono quelli aventi elevato valore commerciale: prosciutto di Parma, parmigiano reggiano, mozzarella di bufala campana, solo per fare alcuni esempi.

Anche le mozzarelle? Come si fa a imbrogliare su quelle?

Il disciplinare della mozzarella di bufala campana prevede che sia fatta al 100% con latte di bufala. Non sono ammesse aggiunte di altri tipi di latte. Accade invece che alcuni contraffattori (spesso stranieri) al posto del latte di bufala usino quello bovino (meno costoso), o che aggiungano a quello bufalino fresco quello liofilizzato/cagliato prodotto in precedenza, che viene poi ricostituito allo scopo. Se il latte è adulterato in percentuali non troppo elevate, per il consumatore è difficile accorgersi della frode. Per questo motivo, avere a disposizione un metodo rapido e sensibile che consenta di certificare il latte impiegato per la produzione o l'alimento con esso prodotto risulta un valore aggiunto per le produzioni tipiche. In tale ambito, verrà presentata una nuova metodologia analitica che permette di evidenziare la presenza di piccole percentuali di latte diverso da quello indicato in etichetta. Le contraffazioni saranno così più difficili da realizzare.

E con i prodotti carnei invece?

Alcuni prodotti carnei tipici come i prosciutti o gli insaccati utilizzano materie prime derivanti da animali di una specifica razza nazionale, ad esempio suino del tipo Cinta Senese, Casertano o Nero dei Nebrodi. La contraffazione avviene perché, contrariamente a quanto dichiarato sull’etichetta, per la produzione viene usata carne da animali di razza diversa, dalle caratteristiche organolettiche inferiori, spesso allevati fuori dall’Italia. Ciò accade perché il numero dei capi della razza nostrana è ridotto, la relativa carne è considerata un materiale pregiato, ed il prodotto derivante è ritenuto di qualità superiore e dall’elevato valore economico. Ma in quanti sono in grado di riconoscerlo solo dal sapore? Oggi, usando microarray che riconoscono frammenti di DNA specifici di una determinata razza animale è possibile identificare i prodotti carnei in maniera univoca.

Sono disponibili altre tecnologie per controllare produzioni tipiche diverse da quelle sopra riportate?

Sì. Per esempio, possono essere utilizzate tecniche di spettroscopia mediante risonanza magnetica nucleare e di cromatografia abbinata alla spettrometria di massa, per effettuare indagini sulla natura di un olio monovarietale DOP e/o IGP, che viene così dettagliatamente caratterizzato a livello molecolare. Grazie alla presenza di specifiche “impronte” molecolari che ne caratterizzano la natura, è possibile scoprire se un prodotto tipico extravergine sia stato miscelato con altri prodotti monovarietali di minor pregio, con olio di oliva non extra-vergine o, addirittura, con olio di semi. Altre tecnologie dedicate, basate sulla determinazione del contenuto isotopico, permettono poi di ottenere informazioni sul sito geografico di provenienza.

Chi potrà fare i controlli?

Da alcuni anni, ogni prodotto DOP e IGP deve essere sottoposto ad un piano di controllo ben preciso, monitorato unicamente da enti di certificazione, ai sensi di regolamenti dell’Unione Europea. Questi organismi sono enti tipicamente specializzati nel settore agroalimentare che, autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali solo se specificatamente accreditati, certificano che: le tecniche di produzione ed i processi di trasformazione sono conformi ai requisiti di ubicazione geografica e di modalità operativa; i prodotti sono dotati delle prescritte caratteristiche (chimico-fisiche, sensoriali) e la loro origine geografica è documentata e rintracciabile. Di fatto, quindi, i termini di una eventuale contraffazione alimentare circa le produzioni DOP ed IGP possono riguardare la natura delle materie prime impiegate, la loro origine geografica, il sito territoriale in cui vengono trasformate e le procedure tecnologiche impiegate per la loro trasformazione. Molti di questi punti possono essere oggetto di uno studio specifico e molte delle tecnologie sopra menzionate potranno darci una mano nel merito. Molte di esse potranno essere concentrate in centri specializzati, accreditati per l’analisi agroalimentare; alcuni sono già esistenti sul territorio nazionale. Magari un giorno anche il CNR potrà istituire dei laboratori accreditati, che effettuino le analisi certificando la natura dei prodotti tipici. Alle nuove tecniche di indagine dovranno però seguire normative costantemente aggiornate, per includere nei rispettivi disciplinari di produzione specifici parametri da rispettare, aggiornati secondo quanto definito dalla ricerca nel settore. Va ricordato, però, che la strada è assai lunga perché abbiamo a che fare con 270 prodotti diversi.

In futuro si potrà arrivare a strumenti personali, con cui difendersi dalle frodi nel carrello?

Molti delle tecnologie sopra riportate sono disponibili in centri di ricerca specializzati, ma possono presentare prezzi proibitivi per i singoli consumatori. Nei prossimi anni, è auspicabile che i costi delle analisi diventino sempre minori, permettendo così a qualsiasi associazione o gruppo di consumatori di permettersi di verificare i prodotti che acquista. E scambiandosi le informazioni sarà possibile contenere ulteriormente i costi.

Cosa hanno a che vedere con i prodotti tipici alcuni parassiti delle piante?

Facciamo dei nomi forse difficili per alcuni: in questi ultimi anni un insetto proveniente dall’Asia, il Cinipide galligeno del castagno, sta distruggendo quasi l’intera produzione di due specifiche DOP, la castagna di Montella ed il marrone di Roccadaspide. Questo insetto non colpisce solo gli alberi e mette in ginocchio alcuni agricoltori della provincia di Avellino, ma crea danni a tutte le imprese di trasformazione locali, che fanno marmellate, farina di castagne, dolci, ecc. Queste imprese vedono a rischio la loro produzione, compromettendo così l’economia di quei territori. L’Italia è leader in Europa nella produzione di castagne ed è il quarto produttore nel mondo. Il primato nel settore non è solo quantitativo ma anche qualitativo, con ben dodici prodotti con marchio di tutela dalla Toscana, Campania, Emilia, Veneto, Piemonte e Lazio. Altro esempio è quello della Xylella fastidiosa, un fitobatterio che sta distruggendo una buona parte degli ulivi Pugliesi e la produzione olearia tipica locale. La sua presenza in quei territori ha dato luogo ad una vera e propria emergenza per calamità naturale. Conoscere alcuni parassiti delle piante, tenerli sotto controllo, è quindi fondamentale per tutelare alcune produzioni tipiche Made in Italy.

locandina prodotti tipici

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